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Federico, il fantasma burlone del Castello Ursino. «Si diverte a spostare le targhette» – Ultima TV


CATANIA

Nell’antico maniero posto nel cuore di Catania si verificano spesso strani episodi: «Potrebbe anche trattarsi di Bianca di Navarra o di una principessa aragonese» confessa Valentina Noto 

Non sono le ombre o le apparizioni a rivelare la presenza di Federico. Il fantasma del Castello Ursino preferisce invertire le targhette delle teche o nascondere una didascalia, giochi innocenti per far parlare di sé e, ogni tanto, rendere la vita difficile ai dipendenti del museo civico. Ispira grande fascino la consapevolezza di una nobile presenza del passato nell’antico maniero federiciano. Chiamiamole naturalmente leggende metropolitane e non fenomeni paranormali, ci aiutano ad alimentare la nostra fantasia e regalare tanta curiosità. A scanso di equivoci.

«Lo chiamiamo Federico ma potrebbe anche trattarsi di Bianca di Navarra o di una principessa aragonese – rivela Valentina Noto, responsabile amministrativo e coordinatrice delle attività del Castello Ursino – i custodi del museo sono ormai abituati e convivono con le quotidiane stranezze. Sentono spesso strani rumori e avvertono dei passi. Un vigile urbano mi ha detto più volte che non avrebbe più varcato la mattonella dell’ingresso».

La nascita del Castello Ursino risale al XIII secolo per volontà di Federico II di Svevia e nel corso della sua storia è stato sede del parlamento siciliano e, in seguito, residenza della famiglia reale degli Aragonesi. Una fortezza che custodisce avvincenti trame di storia della nostra isola. Sarebbe così incredibile ospitare una simpatica presenza non “convenzionale”? Provando solo a immaginarla senza l’assillo di dover attribuire ad ogni passaggio una patente di nobiltà scientifica.

«È un fantasma burlone – sottolinea Valentina Noto – non tollera le invasioni dei visitatori maleducati e fa sentire il suo disappunto (ndr Valentina ride). Un improvviso corto circuito al sistema elettrico o il blocco degli ascensori senza un guasto individuabile. Fatti che si verificano  proprio quando si svolge un evento pubblico. Un aneddoto che vale la pena raccontare riguarda la sparizione improvvisa di una didascalia. Pensavamo fosse scivolata e ne abbiamo perso le tracce. Dalle immagini delle telecamere non si riscontrava niente e non c’era nessuno nella stanza. Il giorno dopo, inspiegabilmente, l’abbiamo ritrovata in un altro posto dove avevamo già guardato. Alla fine è una simpatica convivenza, anche se la responsabile precedente, andata poi in pensione, sostiene che da quando ha lasciato l’incarico la sua vita è cambiata in meglio».

Il racconto della dirigente del Castello Ursino ha un tono leggero, spensierato, a tratti divertito. Nella consapevolezza di affrontare un argomento che resta immune da rigorose letture tecniche sull’elettromagnetismo o sulla parapsicologia. Perché va preso solo per quello che è: un ponte immaginario tra il passato e il presente.

«Sembra quasi che ci mandi dei segnali – racconta ancora – come in occasione della mostra di Chagall. Una sera è mancata improvvisamente la luce. E non era certo per un sovraccarico del sistema. Forse gli ha dato fastidio la presenza di Sgarbi. Diciamo che se non gli sta bene una cosa, non perde occasione per farlo notare. Ci interroghiamo spesso, ad esempio, su chi sposti di frequente le targhette delle teche. Sembra un dispetto. Potrebbe anche essere il principe di Biscari, del quale ospitiamo tante testimonianze al Castello Ursino. Sarà infastidito?».



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