CATANIA
Entro la prossima settimana dovrebbe essere convocato il tavolo al Mise. Si è a caccia di un imprenditore per salvare i 580 posti di lavoro del call center Qè di Paternò.
Paternò. I soldi dalle commesse arrivavano ed erano fior di quattrini ma l’imprenditore Patrizio Argenterio li utilizzava per coprire i disavanzi di altre società che possiede al nord Italia e all’estero. Nella sua testa gli stipendi potevano attendere e i lavoratori stavano lì, nella sede del call center Qè di Paternò, chi 4 chi 6 e chi 8 ore. Un bluff che ha coinvolto 587 lavoratori.
Gli stessi 587 posti che i sindacati Fistel Cisl e Slc Cgil stanno cercando di salvare. Due giorni fa a Roma e ieri a Palermo. «Stiamo coinvolgendo tutte le istituzioni – spiega Antonio D’Amico, segretario regionale Fistel Cisl – abbiamo già incontrato il viceministro Teresa Bellanova e anche la Lo Bello per la Regione Siciliana in Commissione Lavoro. Ci stiamo giocando questa grande partita per far saltare fuori il nome dell’imprenditore più accreditato sul territorio che possa acquisire tutte le commesse e i lavoratori».
Anche la stessa azienda, attraverso l’amministratore delegato, ha provato a farsi avanti ufficiosamente. Presentando al tavolo di confronto imprenditori che, però, desideravano acquisire solo una delle commesse Inps, Sky, Wind ed Enel e di conseguenza solo una fetta dei lavoratori “in crisi”. E tutti gli altri? In strada. «Il classico gioco delle scatole cinesi che chiaramente non ha portato da nessuna parte – continua D’Amico – e ad oggi tutte le speranze sono riposte al Mise che settimana prossima dovrebbe avviare il tavolo.
Il Qè ha aperto i battenti nel 2005 con 50 unità e la sola commessa Inps… poi la spaventosa crescita in dieci anni dei volumi dell’azienda: 587 lavoratori e altre tre commesse. Oltre l’Inps, infatti, si sono aggiunte Sky, Wind ed Enel ma improvvisamente non si sono più trovati i soldi per pagare i dipendenti e ad oggi ci sono debiti per 6 milioni di euro.
Dal 13 settembre i lavoratori sono in sciopero. Le attività sono state bloccate per evitare che nuovi flussi di denaro possano confluire nel call center e una pioggia di decreti ingiuntivi, ben 280, sta bagnando la società di Argenterio.