È la prima volta che accade: al Sud, sono più italiani che immigrati a chiedere aiuto alla Caritas. È quanto emerge dal Rapporto Caritas su povertà ed esclusione sociale. Il Rapporto offre una fotografia relativa all’anno 2015: lo scorso anno le persone che si sono rivolte ai centri di ascolto della Caritas sono state 190.465. Come già succedeva in passato, il peso degli stranieri continua ad essere maggioritario (57,2%) ma non in tutte le aree del Paese: nel Mezzogiorno, infatti, la percentuale di italiani è pari al 66,6%. Dai dati raccolti tra i 1.649 centri dislocati su 173 diocesi, emerge quindi la visione di «un Mezzogiorno più povero e con una minor incidenza di immigrati, dove a chiedere aiuto sono prevalentemente famiglie di italiani. Anche le regioni del Centro-Nord, tuttavia, nel corso degli anni hanno registrato un vistoso aumento del peso degli italiani». Insomma ad essere indigenti non sono più anziani: oggi la povertà assoluta risulta inversamente proporzionale all’età, cioè diminuisce all’aumentare di quest’ultima. Colpa della crisi del lavoro che continua a penalizzare soprattutto i più giovani ma a rimanere incastrati tra le maglie della crisi anche gli adulti senza impiego.
Stando al Rapporto: «In Italia – secondo i dati Istat – vivono in uno stato di povertà 1 milione 582 mila famiglie, un totale di quasi 4,6 milioni di individui. Si tratta del numero più alto dal 2005 ad oggi e si tratta, parlando di povertà assoluta, della forma più grave di indigenza, quella di chi non riesce ad accedere a quel paniere di beni e servizi necessari per una vita dignitosa. Le situazioni più difficili sono quelle vissute dalle famiglie del Mezzogiorno, dalle famiglie con due o più figli minori, dalle famiglie di stranieri, dai nuclei il cui capofamiglia è in cerca di un’occupazione o operaio e dalle nuove generazioni».
Sempre dal quadro Caritas emerge che “rispetto al genere, il 2015 segna un importante cambio di tendenza; per la prima volta risulta esserci una sostanziale parità di presenze tra uomini (49,9%) e donne (50,1%), a fronte di una lunga e consolidata prevalenza del genere femminile. L’età media delle persone che si sono rivolte ai centri di ascolto è 44 anni. Tra i beneficiari dell’ascolto e dell’accompagnamento prevalgono le persone coniugate (47,8%), seguite dai celibi o nubili (26,9%). Il titolo di studio più diffuso è la licenza media inferiore (41,4%); a seguire, la licenza elementare (16,8%) e la licenza di scuola media superiore (16,5%). I disoccupati e inoccupati insieme rappresentano il 60,8% del totale. I bisogni o problemi più frequenti che hanno spinto a chiedere aiuto sono perlopiù di ordine materiale; spiccano i casi di povertà economica (76,9%) e di disagio occupazionale (57,2%); non trascurabili, tuttavia, anche i problemi abitativi (25,0%) e familiari (13,0%)”.