BRUXELLES
«Nella peggiore delle ipotesi rimarrà una putìa». Claudio Angiolucci scherza con il destino di Sicilierie, la sua giovane “bottega” di Bruxelles. Le cose di Sicilia non hanno tempo né confini, sono universali delicatezze sparpagliate per il mondo. Per l’esattezza Sicilian delicatessen from Italy, che tradotto dalle nostre parti vuol dire passione e cucina sfruculiante.
«È un contenitore di cose siciliane – spiega l’imprenditore, uno dei fondatori della nuova realtà di ristorazione – un percorso dei sensi fatto di prodotti enogastronomici, rosticceria, pasticceria, ma soprattutto di cultura sicula. Un’idea che ha visto la luce a giugno, realizzata in un bellissimo concept a Saint Hubert gallerie Royale, un immobile prestigioso del 1847 che abbiamo ristrutturato a nostra immagine e somiglianza. Ho messo insieme 8 soci, tra catanesi e acesi, che hanno creduto nell’iniziativa. Amici che però non mi avrebbero seguito se si fosse trattato di fare impresa in Italia, a causa delle difficoltà burocratiche. Non ne vale la pena. Anche i belgi si lamentano della loro burocrazia, però lo speaker della stazione chiede scusa se il treno parte con 2 minuti di ritardo».
Il progetto è giusto agli inizi perché nelle intenzioni dei suoi promotori c’è l’apertura di altri punti vendita a Bruxelles e in seguito ad Anversa e in Olanda. Il punto di ristorazione di Rue de l’Ecuyer rappresenta il tassello pilota necessario per costruire un mosaico, ovvero una catena in franchising.
«Dobbiamo superare l’etichetta “maccheroni e pizza” che ancora ci affibbiano nel resto del mondo – sottolinea l’imprenditore – e per farlo dobbiamo diffondere il marchio della pasta a’ catanisi, del cannolo e degli arancini. I Belgi viaggiano molto e amano l’Italia. Un giorno un cliente locale (di Bruxelles) si è accorto che gli arancini erano in realtà arancine, cioè fatte da un palermitano. Ha individuato la differenza dagli ingredienti, per me sarebbe stato impossibile. D’altro canto, abbiamo oggi un cuoco catanese e uno palermitano, insieme a due italiani e due belgi».
L’imprenditore acese fa parte della nota famiglia Angiolucci, gruppo leader in campo ottico in Sicilia. Oggi, nella vita di Claudio quella esperienza ha lasciato il posto a Sicilierie. «Io sono un “occhialaro” – afferma divertito – In realtà il mondo va vissuto e questo spiega anche il mio trasferimento in pianta stabile a Bruxelles. Certo, la Sicilia non può non mancarmi ma ho bisogno di capire le dinamiche della ristorazione. Sono qui per imparare, poi tornerò».