PALERMO
Vasta operazione della Polizia di Stato, coordinata dalla Procura della Repubblica di Palermo-Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di una organizzazione criminale dedita alle estorsioni, con il furto di auto secondo il cosiddetto sistema del “cavallo di ritorno” e a rapine, furti e ricettazioni di veicoli. Circa 200 agenti coordinati dalla Squadra Mobile di Palermo, diretta da Rodolfo Ruperti, hanno eseguito 25 ordinanze di custodia cautelare. Le indagini hanno avuto inizio nel settembre 2015. In pochi mesi i poliziotti della Sezione criminalità organizzata della Mobile hanno individuato l’organizzazione, ricostruendone l’attività e i ruoli dei componenti.
Alcuni si occupavano dei furti dei veicoli, altri fornivano luoghi sicuri dove custodire i mezzi rubati fino a quando si concludeva la “trattativa” con le vittime e, infine, intermediari avevano il compito di contattare queste ultime per prospettare la possibilità di recuperare la refurtiva. Nel corso dell’attività investigativa conclusa con i provvedimenti restrittivi, è stato possibile accertare come l’organizzazione, capace di produrre ingentissimi guadagni, avesse suscitato l’interesse delle famiglie mafiose palermitane. È stato infatti accertato che la banda era in grado di rubare un centinaio di veicoli al mese con un guadagno di circa 200 mila euro. I mezzi sottratti erano prevalentemente veicoli commerciali.
Le attività di indagine hanno avuto inizio nel mese di settembre 2015 i poliziotti della Sezione Criminalità Organizzata hanno individuato la ramificata organizzazione dell’associazione, i cui promotori sono stati identificati in Massimiliano Castelluccio, Antonino Noto e Salvatore Casamento. Il primo – così come altri due destinatari di misura cautelare, ossia il fratello Gaetano e Leonardo Algeri – è attualmente detenuto, a seguito dell’arresto avvenuto nel corso dell’operazione antimafia della Squadra Mobile di Palermo denominata “Paesan Blues”, in occasione della quale vennero contestati gli stessi reati per cui oggi si procede, commessi in favore della famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù, all’interno della quale spiccavano le figure di Gioacchino Corso e di Giuseppe Lo Bocchiaro. In quella stessa operazione venne arrestato anche Andrea Casamento, fratello di Salvatore, a dimostrazione della continuità che gli arrestati rappresenterebbero nella gestione di un’attività che, per gli ingenti guadagni che è capace di produrre, ha da sempre suscitato l’interesse delle famiglie mafiose.
La particolare attenzione di Cosa nostra ha trovato riscontro anche nei legami di parentela che connotano anche altri destinatari delle misure cautelari. Infatti, nel corso dell’attivià investigativa conclusa con I provvedimenti restrittivi, è stato possibile rilevare come gli appartenenti alle diverse famiglie mafiose avessero palesato le proprie pretese nei confronti della remunerativa attività delinquenziale. In particolare, in ragione della capacità dell’associazione a delinquere di operare trasversalmente all’interno dei mandamenti cittadini, sono emersi contrasti tra gli esponenti delle diverse famiglie mafiose in ordine alla titolarità del “diritto” di partecipare agli importanti guadagni prodotti dall’associazione a delinquere.
Massimiliano Castelluccio, nonostante lo stato di detenzione patito a seguito della condanna inflitta in occasione dell’operazione antimafia denominata “Paesan Blues”, avrebbe continuato a gestire dal carcere l’associazione, impartendo disposizioni e ricevendo i proventi dell’attività criminale. E lo faceva per il tramite della moglie – anche lei impegnata nelle attività criminali e destinataria dell’applicazione di misura cautelare – la quale, in primo luogo veicolava i messaggi ricevuti in occasione dei colloqui in carcere con il marito ed, inoltre, permetteva agli accoliti di interloquire direttamente con il detenuto in occasione delle telefonate provenienti dall’istituto di pena. Gli altri due promotori, Antonino Noto e Salvatore Casamento, entrambi pluripregiudicati per reati contro il patrimonio, erano direttamente impegnati nella gestione fattiva dell’associazione, anche per conto del sodale detenuto. La Squadra Mobile di Palermo li aveva gia’ stati sottoposti alla misura cautelare della custodia in carcere lo scorso 29 aprile, a seguito della ricostruzione proprio di un episodio di estorsione, perpetrata, con particolare violenza, ai danni di un noto imprenditore palermitano.