CATANIA
Il loro era un circuito di scatole con drenaggio di risorse. La banda per dieci anni ha agito indisturbata all’interno dell’Istituto Superiore di Studi Musicali “Vincenzo Bellini”. Fin quando qualcuno se n’è accorto e fra funzionari e dipendenti dell’ente pubblico è iniziata la corsa alla restituzione delle somme rubate. Troppo tardi, la guardia di finanza coordinata dalla procura di Catania stava già indagando. La responsabile della segreteria didattica dell’ente, Vita Marina Motta, insieme con Lea Marino responsabile dell’ufficio personale del Bellini, hanno sottratto insieme 5 milioni di euro ma sapendo di essere intercettate ne hanno restituiti 100 mila…una cifra irrisoria chiaramente.
L’attività investigativa è iniziata nell’ottobre 2007 e si è conclusa a febbraio 2016. Un vero e proprio svuotamento delle casse dell’istituto che ha portato ad un buco di bilancio di 14 milioni di euro. Questa mattina, all’alba è scattata l’operazione delle fiamme gialle che ha portato all’arresto di 23 persone, 6 in carcere e 17 ai domiciliari. Ma gli indagati in tutto sono 38, ci sono diversi imprenditori coinvolti anche se ancora i nomi sono top secret.
A finire in manette anche Giuseppa Agata Carruba, responsabile dell’ufficio di Ragioneria dell’Istituto Bellini e il marito Fabio Antonio Marco genitori del consigliere comunale Erika Marco. Ai domiciliari invece la sorella Roberta, che risulta fra gli imprenditori coinvolti nel reato di riciclaggio, e lo zio Francesco.
Due erano i sistemi di sviamento delle risorse pubbliche, finanziate dal comune e dall’ex provincia. Da una parte si faceva ricorso alla falsificazione di firme e mandati di pagamento compilati con causali differenti ed essenzialmente legati alle spese obbligatorie. Utilizzavano una causale generica quale quella di “contributi” e favorivano, così, l’immediata liquidazione di ingenti importi e limitavano le probabilità che gli amministratori dell0ente scoprissero l’enorme buco. Dall’altra, hanno ceduto circa 4 milioni di euro ad un reticolo di 20 imprese siciliane e italiane compiacenti che risultavano destinatarie di pagamenti a fronte di prestazioni mai affettuate a favore dell’istituto Bellini. Dove finivano dunque questi soldi? Nelle tasche di funzionari e dipendenti che compravano immobili, a volte gioielli e altre pagavano lavori di ristrutturazione delle loro abitazioni.
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30 maggio 2017