PALERMO
Premeditazione, abuso della minorata difesa, crudeltà e futili motivi. Sono questi i capi d’accusa per i quali è stato chiesto l’ergastolo per Giuseppe Pecoraro, il benzinaio 45enne che la notte del 10 marzo 2017 bruciò vivo il senzatetto Marcello Cimino. Quella notte, infatti, Cimino stava dormendo sotto i portici della mensa per i poveri dei frati Cappuccini quando Giuseppe Pecoraro lo cosparse di benzina per poi appiccare le fiamme con un accendino. Arrestato qualche ora dopo dalla polizia, Pecoraro confessò l’omicidio spiegando «Ero geloso, insidiava la mia fidanzata. Faceva battute che non mi piacevano». Nel corso del processo avvenuto quest’oggi i pm Alfredo Gagliardi e Maria Forti hanno chiesto l’ergastolo al giudice, mentre i difensori di Pecoraro hanno chiesto una perizia per accertare la capacità dell’imputato di stare in giudizio. L’avvocato che rappresenta la famiglia di Cimino, invece, ha chiesto un risarcimento danni pari a 2 milioni di euro.
17 gennaio 2018