PALERMO
Un giro criminale che ruotava intorno alla figura di Pietro Formoso, non un nome qualunque perché fratello di Giovanni e Tommaso ergastolani protagonisti della stagione delle stragi in Sicilia. Siamo a Misilmeri in provincia di Palermo dove una fetta di mercato era condizionato dall’azione di Cosa nostra. La Guardia di finanza e i carabinieri hanno scoperto come Formoso manipolasse in particolare il commercio della carne proposta ai punti vendita della grande distribuzione a prezzi nettamente più bassi rispetto alla concorrenza grazie a introiti derivanti da estorsioni. In particolare Formoso avrebbe estorto circa 100 mila euro ad un imprenditore palermitano per reinvestirli successivamente nell’acquisto di pietre preziose.
L’operazione ha portato all’arresto di sei persone e un divieto di dimora. Tutti sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione aggravata, reati contro la pubblica amministrazione e di frode fiscale.
Oltre che per Formoso i provvedimenti sono scattati per Lorenzo D’Arpa, Paolo Dragna, Francesco La Bua, Pietro Morgano e Vincenzo Meli.
Coinvolto anche, un ispettore della Polizia di Stato in servizio al commissariato Porta Nuova di Palermo, Francesco Paolo Migliaccio a cui il gip ha imposto il divieto di dimora nel territorio del Comune di Palermo e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Fino ad ora Pietro Formoso era stato condannato per associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti nel ruolo di promotore e capo, ma mai per mafia. Secondo gli inquirenti, invece, Formoso avrebbe avuto un ruolo di rilievo nella famiglia mafiosa di Misilmeri. Le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia lo collocano infatti nel contesto mafioso misilmerese e palermitano con il ruolo di referente per il traffico internazionale di stupefacenti provenienti dalla Spagna e dalla Colombia. Si sarebbe reso anche protagonista di estorsioni nei confronti di imprenditori locali e avrebbe autorizzato l’affiliazione di soggetti a “Cosa Nostra”.
Nel corso dell’operazione sono state sequestrate anche somme di denaro depositate su conti correnti riconducibili ad imprese individuali, operanti nel settore della vendita all’ingrosso di carne e della vendita di oro ed oggetti preziosi, i noti compro oro, che avevano tra le altre cose evaso il fisco per un totale di circa 850.000 euro.
09 aprile 2018