Sotto i fondali del Mar Mediterraneo si nasconde uno vero è proprio gigante fatto di strato di salgemma, gesso e altri sali, che raggiunge uno spessore di alcuni chilometri per un volume stimato di oltre un milione di chilometri cubi. Studiare l’origine di queste rocce, il loro impatto sull’evoluzione della geografia del Mediterraneo, la biosfera profonda associata e le implicazioni per la pericolosità in ambiente sottomarino, sono gli obiettivi scientifici del network europeo MedSalt.
Il network coordinato dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, organizza, congiuntamente all’Universita’ di Palermo e all’Universita’ Pierre et Marie Curie di Parigi, un simposio scientifico a Palermo, dal 24 al 28 ottobre 2016.
Angelo Camerlenghi, direttore della sezione di Geofisica di OGS e coordinatore del progetto, spiegando il network ha affermato «Il network MedSalt e’ finanziato dalla COST Association e riunisce ricercatori di 26 paesi che si coordineranno nei prossimi 4 anni per studiare il cosiddetto “Gigante Salino” del Mediterraneo, attraverso attivita’ di ricerca e di formazione, per ampliare la conoscenza di base delle interazioni tra dinamica terrestre e clima, della microbiologia nel sottosuolo, con un occhio di riguardo alla pericolosita’ sottomarina e alle risorse naturali. La crisi di salinita’ del Mar Mediterraneo, che ha originato il deposito di sale rappresenta una delle controversie più durature nel campo delle scienze della terra».
Le rocce si sono formate circa tra 6 e 5,5 milioni di anni fa come conseguenza della chiusura temporanea dello scambio di acqua tra il mar Mediterraneo e l’Oceano Atlantico, e la conseguente evaporazione dell’acqua marina Mediterranea. La scoperta della presenza di imponenti depositi salini sotto i sedimenti che ricoprono i fondali del Mediterraneo è avvenuta nel 1971, durante una pionieristica perforazione a scopo scientifico da parte del Progetto Deep Sea Drilling Project, tutt’ora attivo con il nome di International Ocean Discovery Program cui partecipa la comunità scientifica italiana. La scoperta ha originato un’affascinante teoria detta del “disseccamento del Mediterraneo”, secondo cui l’evaporazione in eccesso ha generato un abbassamento del livello del mare di almeno 1500 metri, trasformandolo in una gigantesca salina naturale.
Sempre secondo la teoria, la riapertura dello stretto di Gibilterra ha causato una catastrofica inondazione che ha riportato il Mediterraneo alle condizioni normali. Secondo altri, la deposizione dei sali è avvenuta in una salamoia profonda, senza un’apprezzabile diminuzione del livello marino. Dal ripristino della condizione normale del Mediterraneo, i fanghi e le sabbie abissali hanno lentamente ricoperto questi sali, che ora si trovano mediamente a 1000 metri di profondita’ sotto il fondale.
Il primo meeting del progetto, si svolgera’ a Palermo dal 24 al 28 ottobre ed e’ organizzato da Antonio Caruso, professore del Dipartimento di scienze della terra e del mare dell’Universita’ di Palermo. Il convegno, a cui partecipano un centinaio di ricercatori di 23 nazioni, iniziera’ nella Sala delle Capriate di Palazzo Steri lunedi’ prossimo, alla presenza del Rettore dell’Universita’ di Palermo. Il 25 e il 26 il meeting continuera’ presso la Sala Lanza dell’Orto Botanico.