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A Messina mancava solo il “doccia-gate” – Ultima TV


MESSINA

Dopo l’esposto alla Corte dei Conti sui rimborsi di missioni e relativi scontrini e fatture, esibiti dal sindaco Renato Accorinti, adesso la polemica innescata dall’iniziativa “Due cuori e una capanna”. Promotore di quella che, stavolta, è apparsa più una provocazione, sempre il capogruppo di Forza Italia, Giuseppe Trischitta

Il consigliere comunale, Giuseppe Trischitta, stavolta ha posto l’attenzione sulla realizzazione di una doccia nel bagno privato annesso alla stanza del primo cittadino, per una spesa di 1.616,64 Euro. «Manca solo la cucina e poi sarà pronto un vero e proprio alloggio da far invidia al Quirinale», ha commentato l’esponente forzista.

Trischitta, però, è andato oltre, accomunando a tutto questo anche la presenza in Consiglio Comunale della compagna del primo cittadino, Cecilia Caccamo, prima dei non eletti per la lista Cambiamo Messina dal Basso – che sosteneva Accorinti – e giunta tra gli scranni di Palazzo Zanca nel maggio scorso, dopo le dimissioni di due precedenti colleghi del movimento.

Ecco la frase incriminata, pronunciata dal capogruppo di FI: «Ha la compagna in consiglio comunale, la doccia nell’ufficio, mi aspetto che da un momento all’altro si faccia pagare anche un cucinino».

La consigliera, già bersaglio di critiche dal giorno stesso della sua nomina, per avere un legame con il sindaco, non ha fatto attendere la sua risposta.

«Le dichiarazioni rilasciate dal consigliere Trischitta, nelle quali vengo citata in maniera allusiva, sono assolutamente fuori luogo, inappropriate, gravemente lesive del ruolo che rivesto in rappresentanza dei cittadini che democraticamente mi hanno eletta e profondamente offensive del mio essere donna», ha dichiarato Cecilia Caccamo.

«Auspico da parte di Trischitta – ha aggiunto – una seria e approfondita riflessione sullo stile con il quale conduce la sua attività politica e la modalità con cui rende pubbliche le sue denunce. Chiedere chiarezza sugli impegni di spesa delle istituzioni è lecito. Screditare e denigrare, con allusioni prive di fondamento, è deplorevole, demagogico e incompatibile con la carica che si ricopre».

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