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Trentino miglior regione per le mamme. Sicilia ultimo posto — Ultima TV


Il Rapporto Save the Children su condizione delle madri in Italia.

La scelta di diventare madre in Italia può pregiudicare la condizione sociale, professionale ed economica di una donna a seconda della regione in cui vive. È uno scorcio dell’ampio quadro che emerge dal secondo Rapporto “Le equilibriste: la maternità tra ostacoli e visioni di futuro” sulla condizione materna in Italia, diffuso oggi da Save the Children, alla vigilia della Festa della Mamma. E il quadro ha contorni diversi se diverso è il territorio. Dal Rapporto emerge infatti come ci siano differenze evidenti tra le regioni del Nord, più virtuose, rispetto alle regioni del Sud, dove la condizione delle madri fatica a migliorare. Il Trentino-Alto Adige si conferma la regione “vicina alle mamme” per eccellenza, seguita da Valle d’Aosta, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte. La Sicilia registra, al contrario, la performance peggiore, preceduta da Calabria, Puglia, Campania e Basilicata.

«La condizione delle madri in Italia è ancora critica. Il divario tra Nord e Sud è drammatico e inaccettabile. E in ogni caso, anche nelle regioni del Nord, siamo ancora lontani da un modello virtuoso che renda la maternità una risorsa piuttosto che un impedimento. Serve un impegno collettivo delle istituzioni e di tutti i soggetti coinvolti per permettere alle mamme di vivere la gioia della maternità senza rinunciare alla propria vita professionale e sociale» dice Raffaela Milano Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children, l’Organizzazione internazionale dedicata dal 1919 a salvare la vita dei bambini in pericolo e a promuovere i loro diritti.
L’Italia resta spaccata con un divario tra regioni per cura, lavoro e servizi per l’infanzia: “L’Indice delle Madri di Save the Children evidenzia lo stesso divario Nord-Sud anche nelle tre aree di indicatori prese in esame per ciascuna regione: cura, lavoro e servizi per l’infanzia.
Per quanto riguarda la cura, un insieme di indicatori che mettono in corrispondenza i tassi di fecondità delle donne con la distribuzione interna del lavoro di cura del contesto familiare diviso per entrambi i partner con una occupazione, la Lombardia risulta non solo la regione più virtuosa, ma anche quella che, assieme ad Umbria e Calabria ha ottenuto un forte miglioramento dovuto soprattutto a un abbassamento significativo dell’indice di asimmetria (distribuzione della cura e del lavoro familiare tra donne e uomini). La Sicilia, fanalino di coda della classifica generale stilata da Save the Children, mostra segni di miglioramento esclusivamente per quanto riguarda l’area della cura, per la quale occupa una posizione intermedia.
I dati sull’impiego femminile rispecchiano a grandi linee l’indice generale di Save the Children, con Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta, Emilia-Romagna e Lombardia rispettivamente alle prime posizioni; questo mostra come anche nelle regioni dove l’occupazione femminile è in aumento, i territori non riescono a essere efficaci nel colmare il divario di genere. L’area dei servizi per l’infanzia, cioè quell’area che monitora la competitività delle regioni in base agli asili nido e ai servizi integrativi e innovativi per la prima infanzia offerti, conferma Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige come migliori. Emblematico il caso della Toscana che, rispetto alle altre due aree di indicatori, in quella dei servizi all’infanzia si posiziona tra le prime cinque regioni virtuose. L’Emilia Romagna invece, rispetto al 2016 peggiora la sua condizione sui servizi, abbassando la performance di ben tre posizioni”.

Mentre la popolazione tende ad invecchiare, l’età delle neomamme aumenta in tutta Europa. L’Italia occupa il penultimo posto, seguita solo dalla Spagna, con una media di anni al parto di 31,7 contro quella europea di 30,5. In diminuzione nel nostro Paese le mamme sotto i 18 anni, che nel 2015 sono 1.739 contro le 1.981 dell’anno precedente. In Italia molte donne, spesso sole si trovano a dover sopperire a un welfare carente e a doversi occupare di genitori anziani e di figli piccoli in un’età sempre più adulta. Sono circa 8 milioni, infatti, le madri tra i 25 e i 64 anni che convivono con figli under 15 o tra i 16 e i 25 anni ancora economicamente dipendenti”.
Politiche, buone pratiche e raccomandazioni. «Gli interventi a sostegno della maternità, della natalità, sia inerenti al welfare che ad altri strumenti di conciliazione, sono fondamentali per dare modo alle donne di bilanciare la vita privata e familiare con quella lavorativa. Un equilibrio che purtroppo, in Italia, sembra ancora un lontano traguardo. Congedi parentali ai padri, lavoro agile, accessi al nido e ad altri servizi di assistenza all’infanzia, sono supporti essenziali per le famiglie. Alcuni Paesi europei, come Svezia e Finlandia, prevedono quote di congedo parentale riservate esclusivamente alle madri e ai padri, che devono essere utilizzate obbligatoriamente, pena la perdita del diritto. Quando questi congedi vengono attribuiti direttamente ai papà e non alla famiglia, come invece avviene in Austria o in Polonia, si è visto come gli uomini ne usufruiscano in quota maggiore» aggiunge Raffaela Milano.
In Europa “i padri tendono ad usufruire del congedo parentale ancora poco con medie che vanno dal 20% al 30% (in Italia si arriva al 10%). In Germania la parental allawance ha permesso al 34% dei padri tedeschi di passare a casa in media 3,1 mesi nei primi anni di vita del figlio. In Italia il congedo di paternità prevede solo due giorni di congedo obbligatorio più altri due facoltativi. Con la Legge di Bilancio del 2017 è previsto un ulteriore giorno di congedo retribuito al 100%, ma molto va ancora fatto per incentivare il ruolo degli uomini nel lavoro di cura, a partire dallo sviluppo di un forte impegno a livello culturale e legislativo per aumentare il coinvolgimento dei padri nel lavoro familiare. Il part time, spesso unica alternativa per le donne occupate che decidono di mettere al mondo un figlio, presenta alcuni aspetti negativi. Infatti, mentre da una parte garantisce la possibilità di prendersi cura dei figli, dall’altra, limita la crescita professionale relegando spesso le donne a ruoli marginali o più bassi rispetto agli uomini. In Italia, più di una donna su 3 (34,6%) ne usufruisce, contro una media UE-27 del 30%. Con l’aumentare del numero di figli, aumenta anche la percentuale di donne che fa ricorso a questo orario di lavoro, passando dal 36,8% delle donne con un figlio al 41,2% delle donne con due figli fino al 43,1% delle donne con tre o più figli.

L’importanza dell’accesso al nido: “Nella conciliazione tra vita e lavoro per le donne, ruolo fondamentale riveste l’accesso al nido e ai servizi di assistenza all’infanzia. Diversi studi evidenziano come anche lo sviluppo del bambino sia strettamente legato alla frequenza dell’asilo nido. Solo 9 paesi in UE hanno raggiunto l’obiettivo del 33% di bambini sotto i 3 anni che frequentano il nido. L’Italia è di poco sopra il 27% considerando il cumulo di presenze nei nidi pubblici e in quelli privati. Il dato che riguarda l’utenza effettiva dei soli asili pubblici in Italia è preoccupante, la media nazionale è solo del 12,9%. Negli ultimi anni, nel nostro Paese sono state approvate leggi a sostegno delle famiglie, che mirano a combattere le difficoltà anche economiche di chi decide di mettere al mondo un figlio. Tuttavia, il più delle volte si tratta di bonus e misure una tantum che non rafforzano la rete strutturale dei servizi. L’Organizzazione auspica, invece, che sia garantito a tutti i bambini un servizio educativo, con la necessaria copertura dei posti e adeguati standard qualitativi. È necessario, inoltre, sostenere il rafforzamento delle competenze femminili, intervenendo sul divario di genere ancora presente nei percorsi educativi e scolastici, per quanto riguarda in particolare le materie scientifiche, incentivando il lavoro di cura dei padri e rafforzando il sistema di tutela delle lavoratrici attraverso strumenti di conciliazione, quali flessibilità degli orari e lavoro agile. A tal fine è necessario introdurre un sistema di certificazione (family audit) per valutare le politiche aziendali, premiando con incentivi fiscali le migliori prassi che favoriscono la conciliazione tra famiglia e lavoro”.

Fiocchi in Ospedale e Spazi Mamme, Save the Children a sostegno di mamme e bambini. “In Italia Save the Children svolge numerosi progetti a sostegno delle donne in gravidanza e delle neomamme. Dal 2012 in 8 ospedali italiani, Save the Children ha avviato il progetto Fiocchi in Ospedale che supporta e favorisce l’incontro tra professionisti di settore e neomamme o donne in gravidanza. Uno spazio dove le mamme possono trovare sostegno alla gravidanza, consigli e indicazioni perché il bambino fin dai primi giorni sia accolto in un ambiente sano e protetto. Il progetto è presente nei reparti maternità degli ospedali Sacco e Niguarda di Milano, Ospedale Cardarelli di Napoli, Ospedale Maria Vittoria di Torino, Policlinico di Bari, San Camillo, San Giovanni e Gemelli di Roma. Il Progetto Fiocchi in ospedale ha raggiunto oltre 20 mila beneficiari adulti e 12482 bambini dall’avvio del progetto. A Torino, Milano Napoli, Bari e Palermo Save the Children ha aperto 8 Spazi Mamme, dove i genitori possono trovare sostegno alla genitorialità e alla cura dei propri figli. Il progetto mira a contrastare gli effetti della povertà minorile e prevenire la povertà educativa. A dicembre 2016, gli Spazi Mamme di Save the Children hanno raggiunto 18732 dei quali 9146 minori.

11 maggio 2017

 

 

 



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