PALERMO
Sono riuniti in assemblea in un cinema a Palermo da stamattina i lavoratori di Almaviva Contact per decidere quali iniziative di lotta mettere in atto contro l’ipotesi avanzata dall’azienda di trasferire una prima tranche di 154 operatori del call center palermitano a Rende, in Calabria, perché a dicembre andrà ad esaurimento una commessa Enel. Ieri Almaviva ha comunicato ai sindacati, durante un incontro nella sede aziendale di via Cordova, che entro il 15 ottobre, se non sarà rispettato il contenuto dell’intesa siglata a maggio scorso al ministero dello Sviluppo economico, potrebbe avviare un nuovo processo di ristrutturazione aziendale.
L’ intesa siglata al Mise ha scongiurato 2.988 esuberi a Palermo, Roma e Napoli e collocato nei tre siti i lavoratori in solidarietà fino a novembre. A Palermo gli operatori del callcenter sono disperati e puntano il dito contro i sindacati. Durante l’assemblea ancora in corso gli animi si sono accesi, i lavoratori chiedono alle organizzazioni sindacali di riaprire le procedure di mobilità, rimettendo in discussione l’accordo di maggio. Ieri il viceministro Teresa Bellanova ha convocato un tavolo al Mise per il 20 ottobre sulla vertenza Almaviva.
Tra i destinatari della lettera di trasferimento da Palermo a Rende c’è anche Chiara Filizzola, 32 anni, con un bimbo di 4 mesi. «È stata una doccia fredda», dice Filizzola, che lavora ad Almaviva dal 2006. Anche suo marito è un dipendente del call center. Lui però non sarà trasferito. Entrambi sono in solidarietà e possono contare su un reddito familiare di 1.500 euro al mese.
«Mio figlio è nato in piena vertenza – aggiunge la lavoratrice – lavoro sulla commessa Enel che a dicembre andrà ad esaurimento, e sono “portatrice sana di lettera di trasferimento”. Da ieri non riesco ad allattare mio figlio è un trauma per me e per lui. Lavoro part time e percepisco uno stipendio di 700 euro al mese, siamo in solidarietà per nove giorni al mese. Se dovessi trasferirmi a Rende come faccio a mantenere due case, come faccio ad allattare mio figlio, a chi lo lascio? Mi rivolgerò ad un’avvocato per impugnare il trasferimento. La legge non mi tutela, le donne con
bimbi di pochi mesi non possono essere licenziate ma trasferite si e tutto questo è illogico».
Anche Fabiola Iannello, 35 anni da 12 anni al call center e 3 figli piccoli, ha ricevuto la lettera di trasferimento: «Non so cosa fare». Intanto i lavoratori stanno anche pensando di rivolgersi a dei legali per impugnare i provvedimenti dell’azienda. Roberta De Luca ha 32 anni, anche lei senza un cambio di passo, dal 24 ottobre dovrà prendere servizio a Rende. «Stiamo valutando cosa fare per impedire questi trasferimenti. Le lettere sono arrivate anche a colleghi che usufruiscono della legge 104 con situazioni familiari complicate e bimbi di età inferiore a 3 anni. Vogliamo che questi trasferimenti siano bloccati».